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La Corricella di Procida: un patrimonio da sorvegliare

a cura di Sergio Zazzera

È “tutto un programma”, avrebbe detto Ugo La Malfa, il nome attribuito a questa marina: Corricella, infatti, deriva dall’etimo greco Khóra Kalé, vale a dire, «bella contrada», resa tale da uno spontaneo intervento di urbanizzazione, eseguito in periodo aragonese, inconsciamente sapiente, poiché qui le case, i terrazzi e le scalinate si aggrovigliano in un unicum, ulteriormente protetto dall’isolamento dal traffico veicolare. Aveva ragione, dunque, Roberto Pane, quando insegnava che, piuttosto che vietare l’edificazione, ha senso determinarne i canoni, sia quantitativi, che qualitativi. Come dire che, se la Corona aragonese avesse adottato una normativa simile alla legge Galasso, Procida non avrebbe oggi la Corricella.

Sta di fatto che ormai, da alcuni decenni, la massima parte di questa marina non è più procidana, poiché un gran numero di unità immobiliari è divenuto la seconda abitazione di famiglie venute “da fuori”, le quali, ignorando – o, peggio, disprezzando – i canoni dell’edilizia tradizionale procidana, hanno creduto di “abbellire” quelle case con inferriate, tegole, lampioni di plastica e perfino piastrelle di ceramica e infissi di alluminio anodizzato o di ottone satinato. Ne è derivato un processo sostanzialmente degenerativo, nei confronti del quale nessuna delle autorità preposte ha inteso intervenire: dunque, il grido: «Figghja re mamma, Curricedda!», lanciato da Antonio Lubrano attraverso i suoi versi, suona quasi come un presentimento.

Fin qui i fatti; ma dov’è il mito? Poco meno di una quindicina di anni fa, numerose personalità della cultura nazionale inoltrarono all’UNESCO un appello per il riconoscimento della qualifica di “patrimonio dell’umanità” alla Corricella, chiedendo la predisposizione di uno studio e di un progetto esecutivo di consolidamento del costone e di restauro dell’area, da finanziarsi con fondi dell’U.E. Ebbene, tale richiesta trascurava che la qualifica invocata è attribuita dall’UNESCO a beni, che la collettività cui sono affidati abbia conservato nelle condizioni di rispetto del loro valore storico, paesistico, culturale: basti ricordare che un’istanza analoga, formulata nell’interesse della Costiera amalfitana, fu respinta, in considerazione delle manomissioni operate in uno dei comuni di quell’area.

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