Architettura: un volume monografico su Nicolò Tagliacozzi Canale
a cura di Paolo Gravagnuolo
La lettura del volume di Serena Bisogno “Nicolò Tagliacozzi Canale. Architettura, decorazione, scenografia dell’ultimo rococò napoletano” ( Fridiriciana Editrice Universitaria, Napoli 2013, per i tipi di Liguori Editore) si è rivelata molto gradevole e istruttiva. Gradevole perché ha il pregio di essere scritto con un linguaggio chiaro e privo di fronzoli sintattici ( da tale punto di vista sembra “negare” proprio il gusto rococò di cui si occupa). Istruttiva perché mette in ordine quanto già si sapeva sull’architetto napoletano del XVIII secolo, arricchendolo con non poche interessanti novità, frutto delle certosine ricerche dell’autrice sotto la sapiente guida del Professor Giulio Pane. Si tratta, infatti, della stampa della tesi di Dottorato della Bisogno, pubblicata nella collana Architettura. Storia e Restauro quando era ancora diretta dal mio compianto fratello Benedetto Gravagnuolo.
La giovane studiosa, che sta proficuamente proseguendo la sua collaborazione universitaria come cultrice della materia, mostra di sapersi orientare molto bene sia nei meandri della storia architettonica, che sul campo con puntuali ricerche d’archivio. Il volume spazia dall’analisi delle opere architettoniche civili e religiose dell’artista rococò; al ruolo che ebbe come consulente di ordini conventuali e di enti laici (ad esempio, il Monte della Monica su cui si potrebbe scrivere un altro libro); alle riflessioni sui suoi interventi su scala urbana o sulle complesse macchine da festa o apparati funerari, per cui Nicolò Tagliacozzi Canale era assai richiesto.
Questi lavorò per potenti famiglie e conobbe tutti i protagonisti dell’architettura napoletana del ‘700 dal Sanfelice al Vaccaro, da Gioffredo a Vanvitelli, ma anche i vari Astarita, Del Gaizo, Granucci, Medrano e Nauclerio. E giustamente l’autrice, dopo averne tracciato la versatile e poliedrica biografia (fu anche mercante di sete), si pone un interrogativo retorico e per ora senza risposta sullo sconcertante silenzio tributatogli da Bernardo de Dominici (peraltro, non nuovo a scelte dettate dall’astio) nelle sue celebri “Vite de’ pittori, scultori ed architetti napoletani”. Ai posteri l’ardua sentenza.