Pensieri e filosofia: Il viaggio è metafora della vita
a cura di Irene Dimino
Nel vorticoso gioco della vita il viaggio si impone con la sua forza dirompente trascinando l’uomo alla volta di lande sconosciute.
Fiumi in piena, mari in tempesta, deserti torridi, fitte foreste, sconfinati boschi ... luoghi chiusi dentro il cassetto dell’anima dal quale si schiudono possibilità infinite per riempire quel vuoto personale che solo il caldo abbraccio dell’esplorazione può disvelare.
Errare per conoscere, oltre le mura cementate di stereotipi e luoghi comuni, il dolce sapore del nuovo. Inebriarsi dell’inaspettato e dell’imprevedibile, stupirsi dell’inverosimile e dell’inaudito, comprendere il dissimile come condizione sine qua non per poter esperire il simile. La realtà, del resto, è duale e non casualmente la filosofia di Hegel spiega l’esistenza come un sistema capace di inglobare in se stesso l’identico ed il diverso. È infatti nella sintesi che è ravvisabile l’autenticità del vivere.
Scoprire i più disparati usi e costumi per rendere manifeste le tangibili analogie con il proprio cedimentato modo di fare e di essere per creare una nuova torre di Babele, nella quale tutte le genti si sentano parti attive di un unico grande popolo della terra.
Nessuna frontiera o remora nei confronti del rinvenimento di ciò che si scosta dall’usuale, notorio ed ordinario, giacché sovente è più sconcertante il comportamento di chi non fa parte della nostra stessa “razza”, piuttosto che la condotta di coloro che reputiamo estranei alla nostra etnia. Viaggio, dunque, in primo luogo come il tramite essenziale per lacerare quel velo di Maya permeato di diffidenza e timore nei confronti dello straniero.
Secondariamente, ma non per questo di minore importanza, spostarsi al di là degli orizzonti prestabiliti permette di varcare soglie inaspettate, come ad esempio, il viaggio nello spazio. E non è forse la curiosità di sapere cosa c’è dall’altra parte del conosciuto che da millenni spinge l’uomo a vagabondare? Probabilmente le mitologiche colonne d’Ercole non erano solo il limite estremo tra l’esperito ed il non sperimentato ma la trasfigurazione letteraria dell’immaginabile.
Il desiderio di possedere notizie tangibili sul possibile sognato e fantasticato è necessario per congiungere due estremi solo apparentemente disgiunti: l’alba dell’uomo ed il suo tramonto. Non basta scovare le radici dell’umanità; è altrettanto indispensabile setacciare le prospettive contemporanee derivanti dai più disparati fronti, analizzando in maniera critica, ma senza giudicare, tutto quello che le popolazioni hanno da dire.
Il viaggio, pertanto, è metafora della vita nelle sue molteplici forme. Principalmente dislocazione spaziale; d’altro canto indissolubile trasporto di tinte oniriche nei meandri più reconditi. A prima vista in contrasto queste due accezioni del termine “viaggio” sono facce di una stessa medaglia: sforniti della capacità di vagare con la mente, non potremmo mai trasferirci all’infuori del ristretto contesto gnoseologico nel quale beatamente ci crogioliamo. Difatti nell’incontro/scontro con le idee altrui attuiamo una traslazione di pensiero che può farci migrare in un nuovo angolo del mondo o ci convince a permanere dove stiamo. La ricerca di se stessi è in fondo la bussola che orienta qualunque percorso verso mète sconosciute e della quale necessitiamo per ritrovarci o per sopperire a ciò di cui manchiamo come i flussi migratori dimostrano da secoli.
Circumnavigare l’universo è un bisogno quotidiano imprescindibile se vogliamo armonizzarci con il miracolo del creato: da qualsiasi punto osserviamo il cielo non scruteremo meridiani e paralleli, ma finestre aperte su un mare di infinite superfici.