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"Non si vede niente al primo colpo d’occhio" FINAL PORTRAIT, IL FILM DEDICATO AL GRANDE SC


Armie Hammer e Geoffrey Rushfa sul set di "Final Portrait"
Alberto Giacometti

Io faccio pittura e scultura per mordere nella realtà, per difendermi, per nutrire me stesso, […] per essere il più libero possibile; il più libero possibile per tentare – con i mezzi che oggi mi sono propri – di vederci meglio, di capire meglio ciò che ho intorno

Alberto Giacometti, 1957


Uscito nel Regno Unito in Agosto 2017, Final Portrait, il film diretto dall’americano Stanley Tucci dedicato all’artista Alberto Giacometti, arriverà nei cinema italiani l’8 febbraio. Un ritratto affascinante attraverso un episodio della vita dello scultore, pittore e incisore svizzero, noto per le sue famose sculture allungate e filiformi. La sceneggiatura di Tucci è un adattamento abilmente sofisticato del libro dello scrittore americano James Lord, Un ritratto di Giacometti, dove l'autore racconto` del suo incontro con l’amico artista in Francia. Il critico d'arte americano, infatti, nel 1964, di passaggio a Parigi, accetto` di posare per un ritratto, un lavoro che intrattenne i due per ben diciotto giorni. Quel che il regista ci regala e` l’immagine del grande artista alle prese col suo personale processo creativo, caotico e continuamente messo in discussione, tormentato e allo stesso tempo chiaramente salvifico. Atteggiamenti che quasi sempre appartengono a tutti i creatori d’arte, dalla capacità e dalla necessita`di dare forma a ciò che il mondo esprime loro, di vederlo, di interpretarlo e mostrarlo. E Giacometti, ha sempre disegnato per vederci chiaro, per indagare e capire. Come dice Geoffrey Rushfa che interpreta l'artista nel film, impossibile per lui è “fare le cose come si vedono”. Final Portrait ci racconta di questo unico episodio della vita dello scultore (accaduto realmente due anni prima della morte di Giacometti), attraverso la testimonianza dell’amico scrittore interpretato dal bel Armie Hammer (visto recentemente nel candidato Oscar Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino) e non può che appassionare perche` ci dice di come l’artista si rapportasse con la sua arte, ma anche con la societa` in cui viveva. Cosi`dal suo atelier a Parigi, dove Giacometti continua a dipingere, cancellare, e di nuovo ritratteggiare sulla tela, e poi inveire, o scherzare con l'amico, veniamo condotti nei piccoli dettagli del suo quotidiano, della sua vita sregolata, delle sue ossessioni, tra le sue relazioni con moglie e amante, con il fratello Diego. Un "film-portrait" affascinante che non può che catturare lo spettatore. Belle la fotografia e la colonna sonora.

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